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lunedì 29 novembre 2010

Oggi è tardi...

Oggi è tardi per Cristina e per molti altri, che non hanno più le condizioni ottimali per partecipare a qualsiasi sperimentazione, ma un giorno, non lontanissimo, avremmo potuto, avremmo provato, se solo avessimo saputo....
 

Lapo Simonetti

Lettera aperta dal Comitato al Presidente Aisla

Alla c.a. Dr. Mario Melazzini,
Presidente Aisla

Egr. Presidente,
nella giornata del 27.11 scorso Lei ha pubblicamente risposto ad una lettera aperta a Lei indirizzata illustrando per la seconda volta il protocollo terapeutico da Lei personalmente sperimentato, ma dichiarando esplicitamente, a differenza di un anno fa, di essere clinicamente migliorato in modo significativo a seguito di quella cura.

Lei è un uomo pubblico: è Presidente nazionale di Aisla , Direttore Scientifico del Centro Clinico Nemo, Presidente di Arisla, Presidente della Consulta Ministeriale delle malattie neuromuscolari e per questo motivo ha non solo addosso gli occhi dell’intera comunità dei malati di Sla, ma anche delle straordinarie responsabilità verso di essa. Le vicende a cui Lei fa riferimento risalgono a diversi anni fa e nel tempo intercorso Lei ha consegnato in successione molte mezze verità, e solo in quest’ultima occasione parla esplicitamente di regressione della malattia e addirittura di possibili imminenti trials clinici multicentrici. Tutto questo alimenta dubbi legittimi non solo sull’intero iter da Lei seguito, essendo evidente il rischio di possibili conflitti d’interesse, dovuto al cumulo di cariche da Lei assommate, ma soprattutto circa la reale natura della patologia da cui Lei è affetto, che Lei sa bene essere oggetto da anni di discussione anche tra gli stessi addetti ai lavori. Questo tema sta ora, a seguito delle Sue dichiarazioni, dividendo drammaticamente la comunità dei malati tra chi vede in Lei lo scopritore della terapia per la Sla e gli scettici che interpretano i Suoi miglioramenti (evidenti assai prima che lei si decidesse ad ammetterli) come la prova provata che non si tratterebbe di Sla.

Noi, ammalati e familiari, Le rivolgiamo perciò un appello perché Lei si risolva ad operare un gesto di grande responsabilità: renda pubblica la documentazione clinica che La riguarda, fughi i dubbi una volta per tutte; a Lei non costerà nulla, ma questo potrà consegnare a tutti i malati di Sla la augurabile serenità e, come Lei dichiara per sè, la possibilità di coricarsi la sera con la speranza di poter un giorno guarire.

Il Comitato 16 novembre

domenica 28 novembre 2010

Anche la Sla al tea-party di Rai uno

di Alberto Damilano

Mario Melazzini ha partecipato questa mattina ad una trasmissione su Rai uno espressamente commissionata dalla parte politica cattolico integralista per rispondere a Fazio, Mina Welby e Beppino Englaro. Una trasmissione che ha contrapposto supposti fautori della vita a supposti fautori della morte. Quello che è intollerabile, per questi signori, è che per una volta si sia data voce ai deboli e i sofferenti allorquando, attraverso la propria storia personale, giungano a considerare la propria vita non più degna di essere vissuta. Quello che è insopportabile è che si dia spazio anche a queste voci, tentando finalmente di infrangere un tabù da sempre oggetto di censura.

Il Dr. Melazzini si è detto offeso da quella trasmissione, imputandola a “non conoscenza e mancanza di ascolto”, e con ciò delegittimando chi, sulla propria pelle, vive una diversa realtà e matura convinzioni differenti. Anch’io, medico e ammalato di Sla, potrei dire di essermi sentito altrettanto offeso dalle mistificazioni che ho udito pronunciare stamattina dalla tribuna di Rai uno. In quasi due anni di malattia ho conosciuto l’intero universo dei malati, che non posso pensare sia sconosciuto al Presidente della principale Associazione che si occupa di Sla : sia la piccola parte dei malati che ha scelto di non lasciarsi morire, praticando la tracheotomia e la ventilazione artificiale, sia la stragrande maggioranza, quelli che l’intervento lo rifiutano principalmente perché costretti, dall’assenza dello Stato, a vivere in stato di abbandono, come giustamente ha sottolineato Melazzini, ma anche una terza parte, quelli indotti a quella scelta dalla consapevolezza di non poter più tornare indietro, espropriati come saranno del diritto di scelta, consapevoli che il consenso informato ad atti medici invasivi vale una volta sola. Parlare di capacità di ascolto e ignorare il diritto all’autodeterminazione significa contrapporre malati ad altri malati: non a caso si è parlato del malato come “portatore di bisogno”, da assistere paternalisticamente fino al punto di decidere al posto suo, mentre io parlo del malato come persona, in quanto tale “portatore di diritti”. E il diritto a ricevere cure adeguate non può essere disgiunto da quello alla libertà di scelta.

Nel pomeriggio, poi, è andata in onda la seconda puntata, questa volta a "Domenica in" dove, zittito uno spaesato Ignazio Marino, una allegra compagnia di crociati catodici (oltre a Melazzini, il movimento pro-vita, l’Avvenire, la senatrice Roccella e il filosofo pret-a-porter Stefano Zecchi) hanno chiuso il cerchio parlando di rifiuto delle cure, suicidio ed eutanasia come fossero la stessa cosa. Non c’è che dire: un limpido esercizio di onestà intellettuale.
Se volevano convincermi che tra laicità dello stato e fondamentalismo cattolico ci sono temi che non possono essere oggetto di trattativa, ci sono pienamente riusciti.

sabato 27 novembre 2010

LA RISPOSTA DEL DR. MELAZZINI

Gentile sig.a Lamanna,
grazie per avermi scritto. Parto un po’ da lontano, ma penso sia importante. Alcuni anni fa la malattia era in caduta libera, peggioravo rapidamente;nel bene o nel male,cercavo di studiare e documentarmi il più possibile. Il mio interesse nelle varie cause della malattia era però indirizzato in particolare al coinvolgimento sia del sistema immunitario, sia alla risposta infiammatoria. In letteratura sempre di più, già alcuni anni fa, ma soprattutto ora, si vede come nel processo patologico intervengano sia cellule dell’infiammazione( le cellule della glia) sia anche vari fattori di crescita, che citochine, soprattutto in senso protettivo. Ipotizzai allora di sottopormi ad un trattamento che potesse agire sia sul sistema immunitario, sia stimolare la liberazione di citochine che di fattori di crescita. Pensai di utilizzare il trattamento che già veniva applicato nella terapia di alcune patologie autoimmuni, nei mielomi ed in alcuni linfomi. Inoltre un trattamento simile era già stato provato in pazienti con sclerosi multipla. Nel mondo Sla a livello internazionale, un grande fautore di queste ipotesi è il Prof Appel. Il trattamento consisteva nell’utilizzo di un farmaco con proprietà di immuno modulatore e di immunosoppressore, la Ciclofosfamide ad alte dosi, e nella raccolta e re infusione di cellule staminali emopoietiche autologhe. ( cioè cellule staminali dello stesso paziente). Andando contro tutto e tutti ( i neurologi, la direzione del mio ospedale), riusciì con molta fatica ad applicarmi il trattamento.( ho firmato più assunzioni di responsabilità come medico in quel periodo, che proporzionalmente di quelle firmate in tutta la carriera professionale).
Sono arrivato al trattamento con un quadro di tetra paresi spastica, disfagia per solidi e liquidi ( avevo posizionato già la peg)insufficienza respiratoria restrittiva (utilizzo della NIV 12-14 h al giorno). Tutti i parametri clinici e strumentali erano stati monitorati. Praticamente in cosa consisteva il trattamento: al giorno I mi veniva infusa la Ciclofosfamide ( 3 gr totali). A partire dal giorno III veniva iniziata la somministrazione di G-CSF( fattore di crescita granulocita rio) per la mobilizzazione dal midollo osseo di cellule staminali emopoietiche.
In 10 giornata mi venivano raccolte le staminali con un procedimento di aferesi ( una sorta di dialisi), e successivamente congelate e conservate. Dopo circa 30 giorni nuova infusione di Ciclofosfamide e a 48 ore re infusione delle mie cellule staminali e trasferimento in camera sterile.
Sono stati giorni pesantissimi in cui sono stato molto male, in particolare ho avuto diversi problemini( tutti prevedibili )ed un evento avverso importante cardiologico del quale porto ancora le conseguenze, ma dopo 10 giorno uscì dalla camera sterile. È stato un percorso difficilissimo,duro non solo fisicamente e psicologicamente, ma soprattutto per le grande ostilità che ho incontrato.
Inizialmente non notai nulla, ma dopo circa 1 mese notai che il mio respiro, in particolare quando parlavo, era meno pesante. Pensavo ad un effetto placebo, ma dopo due mesi, quando mi ricontrollarono gli esami, la capacità vitale mi era aumentata di 100 cc, non molto ma molto incoraggiante per me. A distanza di circa 8 mesi dal trattamento mi sentivo più forza alla mano destra. Da li è cominciata la mia battaglia contro i miei colleghi neurologi ed ematologi per cercare di trasformare il mio protocollo in un protocollo di fase 1 per valutarne con i numeri , la sicurezza certa del metodo. Dopo confronti abbastanza duri e sostenuti, seppur che non accettavano totalmente il mio razionale, accettarono invece di stendere il protocollo con il G-CSF che ha portato a dei risultati giudicati interessanti. Se interessa questo è l’articolo relative (Consistent bone marrow-derived cell mobilization following repeated short courses of granulocyte-colony-stimulating factor in patients with amyotrophic lateral sclerosis: results from a multicenter prospective trial.)
Tarella C, Rutella S, Gualandi F, Melazzini M, Scimè R, Petrini M, Moglia C, Ulla M, Omedé P, Bella VL, Corbo M, Silani V, Siciliano G, Mora G, Caponnetto C, Sabatelli M, Chiò A; STEMALS STUDY GROUP Cytotherapy. 2010;12(1):50-9
Questo primo risultato mi ha permesso di stressare ulteriormente la comunità dei ricercatori sla perché era importante che quanto fatto da me doveva essere replicato correttamente per ottenere dati scientifici certi. Dal Centro NeMO, abbiamo proposto ufficialmente e finalmente il protocollo, condiviso da tutti gli sperimentatori che, dopo un lungo e burocratico iter, è arrivato all’ISS. (Istituto Superiore di Sanità) per l’autorizzazione alla sperimentazione. Il titolo del Protocollo è : TREATMENT OF AMYOTROPHIC LATERAL SCLEROSIS PATIENTS WITH CYCLOPHOSPHAMIDE FOLLOWED BY AUTOLOGOUS HAEMATOPOIETIC STEM-CELL TRANSPLANTATION SUPPORT: AN OPEN LABEL PHASE I/IIA STUDY.
Gli obiettivi dello studio saranno: verificare la sicurezza e la tollerabilità della CY ad alto dosaggio seguita da cellule staminali ematopoietiche in pazienti affetti da SLA e ottenere dati preliminari della possibile attività di tale trattamento sulla evoluzione clinica della malattia.
Lo studio sarà Multicentrico, in aperto di fase I/II. Il Centro coordinatore sarà la Clinica Neurologica di Genova con il Prof. Mancardi e la dr.ssa Caponetto. Verranno trattati 28 pazienti in 7 centri italiani con esperienza sui trials nella SLA e nella terapia ad alto dosaggio con farmaci immunosoppressori. (Genova, Milano 2 centri, Novara, Torino, Firenze e Siena).L’ Endpoint primario sarà valutare la Sicurezza e tollerabilità del trattamento nella SLA. I criteri di inclusione saranno i classici di tutti i trial clinici.
Se l’autorizzazione ISS mi auguro arriverà nei tempi previsti, gli arruolamenti inizieranno entro la fine di Gennaio 2011 salvo imprevisti o intoppi burocratici.
Tutto ciò viene fatto e sarà e continuerà ad essere fatto per i malati. La ricerca purtroppo ha delle regole e dei tempi che devono essere da noi malati accettati e rispettati, pur a volte non condividendoli. Ma a ciò che oggi noi non possiamo accedere perché non reclutati, un domani mi auguro il più vicino possibile, il tutto possa essere accessibile a tutti. E quando dico il tutto mi riferisco a qualsiasi protocollo sperimentale che dimostrerà una efficacia. Dobbiamo resistere.
Infine come mi auguro Lei saprà la SLA si manifesta con quadri clinici diversi a seconda della maggiore o minore compromissione del I. II o bulbare motoneurone, con tempi di progressione, evoluzione e sintomatologia diversi da caso a caso.
Ciò che posso dirLe, è che io sono convinto che ciò che ho fatto mi ha aiutato, ma mi hanno e mi aiutano molto le motivazioni che quotidianamente incamero incontrando le persone malate ed i loro famigliari, che mi spingono a lottare, arrabbiarmi, proporre e confrontarmi, per cercare di fare ed ottenere qualcosa, anche se può sembrare solo una goccia, per i malati di SLA e le loro famiglie. E questo è quanto, quando faccio riferimento all’adrenalina.
Non passa sera che mi addormento pensando di potere guarire e prego sempre che tutti possano guarire. Sono molto stanco e tutto ciò che faccio mi costa una fatica immane, ma probabilmente questo non viene tenuto in considerazione, ma come dico sempre, andiamo avanti.
Mercoledì scorso ho incontrato il Prof. Vescovi con la dr.Mazzini; ci si augura, salvo i soliti intoppi o vincoli burocratici, che entro il 2011, anche il protocollo con le cellule staminali neuronali, possa prendere il via.
Porti il mio caro saluto ed un abbraccio a Giusy.
Spero di avere risposto alle Sue domande, ma se ci fossero altri dubbi o chiarimenti da fare, rimango a Sua disposizione. Buona serata ed un cordiale saluto
Mario Melazzini

venerdì 26 novembre 2010

Lettera aperta al Presidente Aisla Dr. Melazzini

di Mariangela Lamanna

Gent.mo Presidente,
Dopo il ns. incontro in quel di Roma, ho avuto modo di riflettere tanto e ho deciso di accontentarLa nel Suo invito:parliamone. A dire il vero l'avevo fatto anche in passato ma, come scrittomi anche dalla Segretaria generale, può capitare che nella confusione le mails vadano perse e io non abbia il piacere di leggere la Sua risposta.
E sia. Andiamo avanti e, per avere certezza che questo mio scritto La raggiunga e, soprattutto, per accontentare anche tanti carissimi amici, Le scrivo una lettera aperta
Mi permetto di coinvolgere anche gli altri ammalati di Sla in questa ns. pubblica chiacchierata, in quanto ritengo che le informazioni che vorrà darmi, saranno utili a molti di loro e, soprattutto, chiarificatori per tutti. Anche perchè, francamente, a volte sono stanca di non avere risposte ad interrogativi che mi provengono da ogni dove.

Cerchi di capire, Presidente, non tutti hanno la capacità di buttar giù due righe, non tutti hanno la forza, a molti manca la voglia, si sentono abbandonati ma noi, che ci muoviamo per loro, abbiamo il dovere di fare tutto e di più per accontentarli nelle loro richieste e sostenerli come meglio possiamo.
Troppe cose non chiare, troppi dubbi, troppe domande che non hanno mai ricevuto risposta, altre le cui risposte erano in conflitto con quanto precedentemente dichiarato da Lei o altre persone a Lei vicine.
Basta, negli occhi ci siamo guardati. Ora è giunto il momento di andare olttre, come ha detto Lei e di sgombrare il campo a qualunque malinteso.
Intanto chiariamo una volta per tutte che non fa parte del mio costume scagliarmi contro qualcuno per scaricare le mie frustrazioni. Sono una persona assolutamente libera da ogni condizionamento, nonostante tutto, e mi limito ad osservare ciò che mi circonda e giudicarlo secondo le mie (magari scarse????) capacità intellettive. E consento sempre agli altri di esprimere i proprio punto di vista e di farmelo, altresì comprendere.
E veniamo al dunque, al dubbio diventato certezza dopo il ns. incontro.
Sul forum di SlaItalia. home, sito web, biblioteca, leggo una frase del Suo libro che recita così:
«Da quattro anni sono malato di Sla... Nonostante sia costretto sulla sedia a rotelle, possa solo muovere due dita della mano destra, sia alimentato artificialmente....apprezzo sempre di più quanto sia bello vivere...!
Era il 2007 Presidente e oggi, 2010, quelle due dita della mano destra si sono trasformate in una potentissima stretta di mano, piena di vigore e di energia, e l'ho osservata mentre muoveva le sue dita con una dimestichezza ed una disinvoltura che mi hanno impressionato ancora di più.
E facciamo ancora un passo indietro: il suo "esperimento" su sè stesso con le staminali.
Libro, non libro, non mi interessa. Mi interessa invece ciò che fu detto, e cioè che Lei non aveva tratto alcun giovamento da quella sperimentazione e che solo grazie all'eccesso di adrenalina che aveva in corpo, poteva articolare le braccia ormai immobili.
Allora, mi chiedo, se così è, a cosa è dovuto il suo innegabile miglioramento, davvero all'eccesso di adrenalina? E, se è vero che non ci sono stati questi miglioramenti, perchè insistere con questa sperimentazione?
Sperimentazione attorno alla quale, come al solito, aleggia l'aria di mistero che neanche il miglior mago riuscirebbe ad eguagliare.
Quando partirà questa sperimentazione? E dove? Quanti pazienti saranno reclutati? E in che modo?
Da una parte abbiamo Il Dott. Vescovi che ci mette al corrente degli insuccessi o del suo procedere in questo complicato cammino, dall'altro Lei che rappresenta, come dice sempre, tutti gli ammalati di SLA, soci o non soci Aisla, che ci "costringe" (lo dico bonariamente....) a comprare i suoii libri per sapere qualcosa in più....due paginette.....un pò poco se parliamo della vita e della speranza per oltre 5000 ammalati in tutta Italia.
Presidente, Lei mi, e chiede fiducia. Eccomi pronta a dargliela personalmente se avrà dipanato i dubbi più importanti che mi ballano in questa testa da un bel pò.
Come ha fatto Lei, Presidente, in una malattia che può registrare solo il peggioramento, a migliorare così tanto?? Se è questione di adrenalina in circolo. possibile che tutti gli altri ammalati di Sla abbiano la sfortuna di esserne privi?
E se, come sostiene, lei non ha avuto miglioramenti con la sperimentazione che ha testato su di sè, non Le pare sia un gran peccato buttar via tanti soldi in qualcosa che non ha funzionato?
Sa perchè glielo chiedo Presidente?
Lei è venuto a farci visita a Roma, in data 16 novembre giornata in cui un gruppo di ammalati di Sla ha combattuto ed ottenuto anche uno stanziamento di 10 milioni di euro da destinare alla ricerca.
Un successo tutto ns., del COMITATO 16 NOVEMBRE, frutto solo dei ns. sforzi, del ns. impegno, della ns. tenacia, del quale vogliamo godano tutti gli ammalati in egual misura.
E abbiamo il dovere, per rispetto agli ammalati tutti , di impegnarci affinchè questi soldi non vadano dispersi o dissolti nell'aria come già successo per altri stanz iamenti mai arrivati a destinazione.
Mi auguro vivamente che tale sperimentazione funzioni, perchè ritengo sacrosanto che chi, come Lei, 4 anni orsono muoveva solo due dita della mano, domani possa, a pari suo, fare una carezza ai propri figli.
Mi chiedo, tuttavia, come ci si regolerà nei confronti dei restanti 4990 ammalati che non saranno reclutati? Sarà almeno dato loro modo di avere un quadro chiaro di questa sperimentazione, insomma essere coinvolti in qualcosa che riguarda la propria vita?
Grazie per le esaustive risposte che vorrà fornirmi a definitivo chiarimento di quanto dettoci nel ns. incontro romano.


Mariangela Lamanna
Presidente Associazione Puglia Amore Mio
Componente COMITATO 16 NOVEMBRE
Care giver di Giusi Lamanna - ammalata di Sla dal 15/4/2008

giovedì 25 novembre 2010

IL GOLPE DEMOCRATICO: malati SLA alla ribalta.

(Alesssandro Grassani - LUZphoto Agency)
di Salvatore Usala

In questi giorni c'è un gran fermento: associazioni che si interrogano, politici che si beano del risultato ottenuto, movimenti di sottobosco che rivendicano, mani lunghe che cercano di agguantare la preda.
Ancora il provvedimento che assegna 100 milioni per assistenza e ricerca ai malati SLA non è stato ratificato dal Senato che già si sta operando uno schifoso tentativo di spartizione alle spalle degli aventi diritto.
E' chiaro che in periodo di vacche magre tutto è lecito, ma fare sciacallaggio su situazioni di disperazione non è accettabile ed i malati lo impediranno.
Ululano forte fantomatici centri di ricerca, spuntano fuori mirabolanti progetti e trials, regioni carogna che propongono piani assistenziali esemplari. Non dobbiamo accettare nulla, le varie offerte di egemonia sui fondi dovranno passare sui nostri corpi straziati.
Noi malati e chi ha condotto la battaglia, Viva la Vita in testa, dobbiamo dettare l'agenda, le priorità, le distribuzioni e la gestione. Dei cento milioni dieci andranno alla ricerca e 90 all'assistenza, ogni divagazione sul tema non sarà né concertabile ne ammissibile.
La gestione dei fondi ricerca dovrà essere coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità e sarà finalizzata ad un unico progetto condiviso a livello nazionale, trials omogenei in tutte le regioni, indagini genetiche, sperimentazioni con staminali certificate. I centri coinvolti dovranno avere una diffusione totale nella penisola e dovranno essere almeno dieci.
Per l'assistenza la distribuzione dovrà avvenire in funzione dell'incidenza della patologia, le regioni dovranno produrre numeri certi, registro regionale della patologia e degli assistenti formati con i venti milioni del Ministero della salute, chiaramente dovrà essere tutto rendicontato.
I malati verranno autorizzati da subito ad assumere un assistente con relativo finanziamento tramite i servizi sociali, non dovrà essere considerato il reddito, la formazione avverrà in itinere, le regioni dovranno attivare progetti formativi per disoccupati tramite POR.
Questo in linea di massima il processo da seguire nelle prossime settimane, devono essere protagonisti i malati, non dobbiamo consentire nessuna infiltrazione che possa vanificare una conquista storica.
Tutti sono liberissimi di interpretare come vogliono la lotta alla SLA, condividiamo tutto ma non accettiamo intrusioni da parte di fantomatiche rappresentanze che non hanno creduto alla nostra lotta e non hanno sostenuto e partecipato.
Questa lotta non è nata il 16 novembre, è partita a ottobre 2009 con la lettera aperta al sottosegretario Fazio, culminata con lo sciopero della fame di novembre e gli impegni presi per lettera e pubblicamente. C'è stato un ampio dibattito sulla funzione delle associazioni, sulle commissioni e consulte, sui metodi di lotta, in particolare è stato duramente condannato lo sciopero della fame da talune associazioni che come alternativa propongono il dialogo con le istituzioni, dialogo fra sordi, che nei fatti ha portato ad una stagnazione, eccetto poche generose concessioni di amministrazioni sensibili.
Il tema importante era sulla funzione dell'associazione, la pratica diffusa è di conforto a malati e famiglie, risoluzione di piccole problematiche burocratiche, raccolta fondi e convegni promozionali. Tutto questo ha una valenza importante ma manca una parte rivendicativa che è il cuore dell'associazionismo di categorie di malati, altrimenti si rimane associazioni di volontariato.
La mia personale considerazione era nel voler trasformare un'associazione caritatevole in un organismo capace di mettere in campo lotte anche dure per rivendicare diritti immediati. Per far ciò bisognava intervenire massicciamente per formare quadri dirigenti territoriali che avessero padronanza nel concertare e nell'organizzare lotte incisive. Questa linea è stata interpretata come una voglia di trasformazione in organismi sindacali e si è continuata una politica accentratrice di dialogo inconcludente.
Il culmine si è avuto il 21 giugno, quando si è volutamente trasformata una potenziale protesta di piazza partecipata in una scialba gita a Montecitorio,
Dal 21 giugno un gruppo di malati e famigliari ha detto basta a deleghe in bianco a persone volenterose, ma totalmente inadeguate a portare avanti ed organizzare rivendicazioni e lotte. In poco tempo un gruppo di buona volontà e competenza ha messo su un'organizzazione efficiente, studiata nei minimi particolari, con opzioni di incremento della durezza della lotta sino a forme altamente eclatanti.
Sono state invitate associazioni, sindacati, partiti, parlamentari per dimostrare un'apertura totale: alcuni hanno partecipato attivamente, un grazie alla CGIL handicap per il contributo, un grazie particolare alle brigate di solidarietà di Rifondazione Comunista per il perfetto supporto logistico, un grazie a politici e parlamentari, un immenso grazie a Viva la Vita ONLUS per la grande campagna stampa e non solo.
In conclusione si può affermare che malati gravi hanno dimostrato capacità di organizzazione, scelte oculate di alleanze, capacità propositiva, protestare ed alimentare pietismo è semplice, diverso è proporre oculate piattaforme condivisibili e realizzabili, abbiamo rotto un muro di gomma con una svolta storica, la breccia è aperta per la SLA e per tutti, possiamo affermare con convinzione che nulla sarà come prima, comunque vada a finire.

Salvatore Usala
Malato SLA
Membro Commissione Regionale SLA Sardegna
Segretario Viva la Vita Sardegna ONLUS
E-mail usala@tiscali.it

mercoledì 24 novembre 2010

Dibattito / Dobbiamo tornare a essere “malati”?

Giornalista e scrittore, classe 1952, Franco Bomprezzi vive e lavora in sedia a rotelle. Attualmente “free lance” per scelta, si dedica alla comunicazione sociale e all’informazione sulla disabilità. Tiene settimanalmente la rubrica Francamente sul settimanale Vita.

 

Dobbiamo tornare a essere “malati”?

Leggo la notizia nel sito dell’Aisla, l’associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica e la riporto così come è scritta: ”Oggi, giovedì 18 novembre, durante i lavori in corso alla Camera dei Deputati  sulla Legge di Stabilità  è stata approvata la destinazione di 100 milioni di euro ad interventi in favore dei malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica. In particolare, gli interventi riguarderanno ricerca, campagna di informazione e promozione dell’assistenza domiciliare: «Ringrazio il Governo ed il Parlamento italiano per aver approvato questo importante provvedimento – commenta il presidente di Aisla Onlus Mario Melazzini, malato di Sla   – Ma il “grazie” più vero è più grande va alle persone con Sla, che con la loro tenacia e volontà più volte dimostrata, in ultimo martedì scorso davanti al Ministero dell’Economia, hanno ottenuto quello che è un diritto non solo nostro ma anche delle altre persone con gravi malattie e disabilità che necessitano di alta complessità assistenziale»”.
Provo sentimenti contrastanti. Cerco di essere chiaro, ma non è facile. Sono molto contento per questo risultato ottenuto grazie all’impegno, durato mesi e mesi, delle persone colpite dalla sla. Un impegno durissimo e assiduo dei singoli e dell’associazione. Le persone che vivono sulla propria pelle le conseguenze di questa malattia hanno tutto il diritto di fare qualsiasi cosa per vedere riconosciuta la “complessità assistenziale” della quale parla Mario Melazzini. Cento milioni non credo risolvano il problema, soprattutto se in parte sono destinati ad altro, cioè alla ricerca e a una campagna di informazione. A meno che questo non sia del tutto esatto, e cioè che dietro questa dizione ci sia un intervento davvero di tipo assistenziale. In ogni caso sono una robusta iniezione di risorse. Specie in questi tempi grami.
Ma nello stesso tempo sono molto addolorato per le modalità di questa vittoria. E per le parole che la accompagnano. Le persone colpite dalla sla hanno dovuto più volte esporre il proprio corpo, la propria situazione fisica precaria, anche a rischio della propria incolumità fisica, fino ad arrivare davanti alla sede del ministero dell’Economia in carrozzina, con tracheotomia, respiratori, macchine per la peg. Hanno cioè dovuto esibire le stimmate, il decadimento veloce dell’organismo. Esporre se stessi come malati, certo con dignità e orgoglio (conosco le persone, ne stimo la qualità e la forza): pur sempre un atto estremo, che, anche senza dirlo, tende a commuovere, a smuovere, a scuotere le coscienze e prima di tutto i media, le telecamere, i fotografi, i giornali. Obiettivo centrato.
D’altronde la sla, attraverso la notorietà di alcune persone, in particolare l’ex calciatore Borgonovo, ha sempre avuto un impatto mediatico forte, riuscendo a raggiungere il cuore del grande pubblico televisivo e dei tifosi di calcio. E’ tutto legittimo quando si vuole raggiungere un obiettivo sacrosanto, come quello di ottenere un’assistenza domiciliare dignitosa e adeguata alla gravità delle singole situazioni. Ma che un’azione sia legittima ed efficace dal punto di vista di chi la promuove non significa che non crei delle conseguenze che vanno altrettanto chiaramente e oggettivamente valutate.
Penso sinceramente che sia molto grave tornare a dover essere “malati” prima ancora che “persone”. E’ un passo indietro culturale fortissimo. E credo che lo stanziamento di 100 milioni abbia a che fare proprio con la solidarietà umana (e l’imbarazzo politico) di fronte a persone malate in situazione di gravità. Nulla a che vedere, o molto poco, con una corretta allocazione di risorse pubbliche per risolvere in modo serio e non discriminatorio i problemi di assistenza domiciliare di tutte le persone che si trovano nella medesima situazione, indipendentemente dalla patologia di origine. Voglio dire: una persona con distrofia in fase avanzata, una persona con tetraplegia grave, una persona con sclerosi multipla in fase avanzata, e potrei elencare a lungo, ha gli stessi identici diritti e bisogni di una persona con sclerosi laterale amiotrofica.
Ma oggi la legge di Stabilità, nella stessa giornata, “premia” i malati di sla e azzera il fondo nazionale per le non autosufficienze, taglieggia il fondo per le politiche sociali, scippa il cinque per mille agli italiani e alle associazioni di volontariato. C’è però in questo una coerenza paradossale. I tagli riguardano “diritti” di “persone”. Lo stanziamento dei 100 milioni riguarda “malati”.
Che cosa potrebbe succedere a questo punto? Che altre associazioni si inventino ulteriori, sempre più truci, esposizioni di situazioni drammatiche, che i salotti televisivi si riempiano nuovamente di tragici eroi, che si scateni, soprattutto, una atroce guerra tra poveri. E invece mai come adesso occorre ribadire che i diritti sono diritti inalienabili, anche in tempi di crisi economica e di sacrifici.
Anche Telethon sottolinea, nel corso della maratona televisiva, le “malattie genetiche” attraverso le storie di persone, di bambini, di famiglie coraggiose. Ma c’è una differenza fondamentale e decisiva: Telethon chiede fondi ai cittadini solo per finanziare la ricerca scientifica, non per l’assistenza, né tanto meno per un finanziamento diretto delle associazioni o dei malati. E questa differenza gli italiani l’hanno compresa perfettamente, e anche le associazioni di malattia genetica, a partire dalla Uildm, collaborano alla comunicazione sapendo che nemmeno un euro donato servirà a cambiare le condizioni di vita dal punto di vista dei servizi di assistenza.
Ho vissuto una vita intera cercando di spiegare che non sono “malato di osteogenesi imperfetta”. Non voglio ricominciare da capo. Ero da poco arrivato a conquistare la dignità di “persona con disabilità”, e non intendo arretrare di un millimetro. Neppure come giornalista.

http://blog.vita.it/francamente/2010/11/19/dobbiamo-tornare-a-essere-malati/

 

alberto damilano

20 novembre 2010, ore 15.33
Caro Franco, le tue osservazioni giungono quanto mai opportune.
1 . Melazzini ed AISLA col 16 novembre non c’entrano nulla. il presidio è stato organizzato autonomamente da Salvatore Usala e me, l’unica associazione che ci ha sostenuto è Viva la Vita, il cui presidente Mauro Pichezzi ha lavorato con noi gomito a gomito con un rispetto e una lealtà che mi corre l’obbligo di riconoscere pubblicamente. Il motivo per cui Aisla come associazione è rimasta a guardare è che questa iniziativa nasce anche dallo scempio del 21 giugno: loro, insieme a Fish, Uildm e famiglie Sma (se dimentico qualcuno chiedo venia), hanno portato in piazza i malati per quella che si è rivelata una ignobile gita con foto ricordo. Un’iniziativa finalizzata a tenerci buoni e non ad ottenere qualcosa di concreto. La delegazione allora salì da Letta al grido di “basta promesse!”, congedò gli astanti e salì a fare teatrino col sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Tutti a casa e zitti e mosca per cinque mesi. Se leggi attentamente la lettera ai ministri tutto questo veniva chiaramente denunciato.
2. il provvedimento, in coerenza con i punti 2 e 3 delle nostre richieste, opera uno stanziamento finalizzato a ricerca e assistenza familiare (la promozione non è stata inserita): vigileremo perchè il 10% vada alla ricerca (i 10milioni richiesti) e il 90% alle famiglie per l’assunzione per un anno di un assistente familiare.
Ci batteremo perchè ogni Regione istituisca i registri degli assistenti familiari formati e perchè attivi, in analogia con quanto si è avviato nel Lazio, i corsi di formazione.
Il presidio è permanente proprio perchè non smobilitiamo per tornarcene a casa ad aspettare di essere turlupinati, ma lavoriamo 24 h su 24 per portare a casa il primo risultato concreto nella piccola storia delle battaglie dei malati di Sla.
3. Concordo sulla settorialità dell’intervento e sullo sporco tentativo del governo di metterci gli uni contro gli altri. Considera però che i malati di Sla non hanno davvero mai visto nulla di concreto, dalle non autosufficienze non hanno mai ricavato nulla e questa è la prima misura reale di sostegno per chi affronta spese che oscillano dai 2 ai 5mila euro al mese e riceve, quando va bene, 700 euro di pensione e indennità. Mi auguro che quello che è accaduto sia una scossa per tutto il nostro mondo di gravi patologie invalidanti e per tutti i disabili: noi non possiamo da soli farci carico di una lotta (che significa obiettivi chiari e forme di lotta adeguate) complessiva dell’universo della non autosufficienza, chi ne ha i mezzi trovi l’onestà e il coraggio per intraprenderla. Noi saremo in prima fila.

Franco Bomprezzi

20 novembre 2010, ore 16.35
Caro Alberto, vedo che hai letto correttamente il mio intervento, e ne ero assolutamente sicuro. Mi auguro vivamente, per te e per le famiglie e le persone che hanno condiviso la tua lotta, che le cose vadano a buon fine, almeno si sarà sanata una palese ingiustizia. Ma vedo che concordi con me sulla situazione complessiva, davvero deprimente e perfino pericolosa per il futuro. Un abbraccio.

lunedì 22 novembre 2010

Una grande, prima vittoria

Un assegno mensile ad ogni malato Sla per l'assunzione di un assistente familiare


Roma, mercoledì 18 novembre ore 17.00
comunicato stampa:
FINANZIARIA: STANZIATI 100 MILIONI PER MALATI DI SLA E FAMILIARI Soddisfazione del Comitato 16 novembre nato dopo il presidio di martedì a Roma

In data odierna la Camera ha approvato l'emendamento alla Legge di stabilità che destina 100 milioni di euro finalizzati alla ricerca e all'assunzione di assistenti familiari, secondo l'impegno preso martedì 16 novembre con la delegazione dei malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla). In media si tratterebbe di un contributo di circa 20mila euro all’anno a famiglia. «Esprimiamo soddisfazione per una misura che, quando confermata dal Senato, rappresenterà il primo atto concreto di attenzione verso i malati di Sla e i loro familiari, da sempre ignorati in qualsiasi provvedimento in favore delle ‘fasce deboli’ - questo il commento a caldo di Alberto Damilano, medico e malato di Sla promotore insieme a Salvatore Usala della manifestazione di martedì 16 novembre davanti al Ministero delle Finanze -. E' una grande, prima vittoria. Ciò detto, invitiamo tutti coloro che si stanno mobilitando con noi, affinché si tenga alta la vigilanza e si mettano in atto tutte le forme di pressione possibili perché l'intera cifra venga destinata a ciò per cui è stata richiesta: la copertura necessaria per l'assunzione di un assistente familiare per ogni malato di Sla».
«Sono molto soddisfatto perché è da un anno combatto per un provvedimento serio mentre c’è chi sta a perdere tempo dietro consulte e commissioni - precisa il cagliaritano Salvatore Usala -. Ora dobbiamo vigilare con quattro occhi rivolti ai cercatori di poltrone che vorranno vanificare cento milioni a loro uso e consumo».
«Sappiamo che i tentativi per vanificare questo esito non mancheranno e che da domani su questo fondo si scatenerà l'assalto alla diligenza - concludono Damilano e Usala -. È ora che i malati di Sla inizino a ricevere concretamente gli aiuti per l'assistenza domiciliare che si sono, fin qui, visti puntualmente negare».

Il Comitato 16 novembre

Perchè siamo qui

Roma, martedì 16 novembre, ore 13.00
Questo è quello che ha dichiarato Alberto Damilano prima di salire in delegazione con Salvatore Usala e Mauro Pichezzi al Ministero dell'Economia:

Vorrei esprimere quello che penso sia il significato più vero del nostro essere oggi, qui a Roma. Io sono convinto che quel che accomuna noi tutti, malati e familiari qui convenuti, sia non solo la volontà di richiedere, con serena determinazione, l'approvazione di provvedimenti essenziali per la civiltà di un paese, provvedimenti attesi, promessi e rinviati ormai da troppi anni. Quel che ci accomuna è, soprattutto, la scelta di prendere in mano il nostro destino, di essere noi i protagonisti di questo movimento civile ed umano, senza deleghe in bianco a chicchessia.
C'è un fatto nuovo che va compreso: i malati di Sla non si sentono rappresentati da tutti coloro che troppo spesso, in questi anni, tra noi e fuori del nostro perimetro, si sono proclamati, di volta in volta, voce dei malati di Sla o, addirittura, Presidio al posto nostro. A tutti costoro diciamo: grazie, ma questa volta potete astenervi, questa volta facciamo da soli. Ma sappiamo in realtà di non essere affatto soli: le condizioni di vita che denunciamo, la mancanza di un livello minimo di assistenza domiciliare garantito per tutti, riguarda tante gravi malattie, altamente invalidanti e tutti i non autosufficienti, vale a dire milioni di persone nel nostro paese.
Forse nessuno meglio di noi malati di Sla può capire cosa significhi un bisogno assistenziale continuo che, giorno e notte, 24 ore su 24, grava interamente sulla famiglia. Mogli, mariti, genitori e figli, a seconda dei casi, sono costretti a lasciare il lavoro, a non uscire più di casa, a non sapere come affrontare le spese, a doversi, addirittura, accollare la responsabilità di manovre che salvano la vita nei momenti di crisi.
Per me che vi parlo, essendo passato, quasi da un giorno all'altro, dal curare gli altri al ritrovarmi ad aver bisogno di tutto per svolgere le attività quotidiane, per me che, giorno dopo giorno, sto progressivamente e rapidamente imparando quello che deve affrontare un malato in fase avanzata di Sclerosi Laterale Amiotròfica, tutto questo appare drammaticamente vero e drammaticamente distante dall'essere conosciuto e affrontato adeguatamente. Un malato di Sla è posto costantemente di fronte ad un bivio: decidere che questa non è più vita, rifiutare l’intervento per passare alla respirazione artificiale e lasciarsi morire, oppure decidere di continuare a vivere. Una volta che siano assicurati il proprio attaccamento alla vita, l’amore dei propri cari, l’affetto degli amici, la differenza la possono fare solo quelle misure che possono evitare ad ogni malato di vedere i propri familiari consumarsi agli arresti domiciliari insieme a loro.
E la realtà è che oggi, nel nostro paese, più di 8 malati su 10 decidono di lasciarsi morire. Noi vogliamo semplicemente che venga posta la parola fine a questa che è una vera e propria eutanasia silenziosa. Siamo qui, oggi, esattamente per questo, lo saremo anche domani, fino a che non avremo risposte concrete.
Non ci arrenderemo.